commemorazione del ventesimo anno della consegna a
Hans Urs von Balthasar del Premio Internazionale Paolo VI
commemorazione del ventesimo anno della consegna a
Hans Urs von Balthasar del Premio Internazionale Paolo VI
venerdì, 23 luglio 2004
Sono passati 20 anni dal 23 giugno 1984 quando l’Istituto Paolo VI di Brescia ha onorato Hans Urs von Balthasar con il Premio Internazionale Paolo VI come riconoscenza per il lavoro teologico. Il Premio Paolo VI corona personalità o istituzioni “che con i loro studi e le loro opere abbiano contribuito alla crescita del senso religiosi nel mondo. Il Premio intende coniugare la dimensione religiosa con quella culturale, in orientamento coerente alla memoria di Paolo VI, che sentì profondamente le inquietudini e le speranze dell’uomo contemporaneo sforzandosi di conoscerne e di comprenderne le esperienze per ricondurle al confronto illuminante e risolutore con il messaggio cristiano”1 . Era il primo premio assegnato dalla fondazione dell’Istituto, e con esso si sottolineava l’importanza della figura di Hans Urs von Balthasar per l’epoca postconciliare.
Da allora il Premio è stato conferito ancora, nel 1988 al musicista francese Olivier Messiaen, nel 1993 al teologo luterano francese Oscar Cullmann; nel 1997 nell'àmbito della promozione dei diritti umani al canadese Jean Vanier, fondatore delle Comunità dell'Arca e di «Foi et lumière», per la sua azione su scala mondiale a favore delle persone portatrici di handicap mentale; e nel 2003 al filosofo francese Paul Ricoeur conosciuto per l’apporto generoso al dialogo ecumenico tra Cattolici e Riformati e la sua ricerca feconda sul rapporto tra filosofia e teologia, tra fede e cultura.
Uno sguardo retrospettivo sulla motivazione della consegna del Premio a Hans Urs von Balthasar ci permette di commemorare questo evento cogliendo il suo significato per la teologia e la cultura, a distanza di vent’anni. Il Presidente dell’Istituto Paolo VI, G. Camadini motivava questa onorificenza in modo seguente: “La vastità e la profondità della cultura, la multilateralità e l’ampiezza della sua opera, l’originalità e l’audacia delle sue concezioni hanno oggettivamente meritato al teologo svizzero Hans Urs von Balthasar un ruolo di preminente rilievo nell’àmbito delle figure dominanti nella teologia di questo secolo”2. Dopo aver sottolineato che ormai il pensiero di von Balthasar è destinato a divenire un classico della tradizione teologica, rileviamo ancora tra le motivazione: “Le indubbie qualità di scrittore – unite ad un vigoroso impegno di ‘moralizzazione’ della professione teologica, nel senso di un suo rigoroso radicamento nella forma essenziale della esistenza cristiana – ne hanno fatto un autore di grande influsso anche per quanto riguarda la formazione ‘spirituale’ nel senso più alto e più complessivo della parola, rimanendo per altro notevole, in termini più generali, anche il suo contributo alla interpretazione culturale della nostra epoca”3. Ci sembra che le parole significative pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II, ventanni fa, nel corso di un’udienza speciale nella Sala Clementina in Vaticano alla consegna del Premio, illustrino bene la scelta compiuta dall’Istituto Paolo VI: “La passione per la teologia, che ha sostenuto il suo impegno di riflessione sulle opere dei Padri, dei Teologi e dei Mistici, ottiene oggi un importante riconoscimento. Egli ha messo le sue vaste conoscenze al servizio di un intellectus fidei, che fosse capace di mostrare all’uomo contemporaneo le splendore del vero che promana da Gesù Cristo”4. Inoltre il Papa aggiungeva alcune riflessioni, dettate dalla fisionomia di “servizio” proprio della teologia, che valgono come paradigma per ogni teologo. “Anzitutto, affermava Giovanni Paolo II, la teologia è un servizio alla verità (…). Amare la verità vuole dire non servirsene, ma servirla; cercarla per se stessa, non piegarla alle proprie utilità e convenienze. La teologia è pero un servizio alla verità rivelata (...). La verità, a cui la teologia serve, non è dunque semplicemente un sistema concettuale costruito nel rispetto di regole logiche. Nemmeno si riduce ad una serie di fatti empiricamente accertabili. E’ primariamente Dio stesso, che in Gesù Cristo per mezzo dello Spirito Santo si fa conoscere all’uomo (...). Il servizio alla verità rivelata postula sempre un grande senso del mistero, che accompagni l’autentica ricerca teologica (…). Il teologo non può che stupirsi di fronte alle meraviglie di Dio, e sentirsi sospinto dal suo impegno di ricerca a piegare le ginocchia nel dialogo della preghiera e ad intensificare la sua vita di fede. (...) La teologia è poi un servizio alla Chiesa. (…) La vocazione del teologo è una vocazione di Chiesa. La teologia è infine un servizio al Magistero. Benché non siano del medesimo ordine, il servizio del Magistero e il servizio dei teologi sono complementari, ed il Magistero ha bisogno dei teologi. (…) La teologia aiuta il Magistero quando lo segue, quando l’accompagna, ma anche quando lo precede alla ricerca di nuovi orizzonti e di nuove strade”5. Questo profilo è certamente da mettere in relazione con la figura teologica di von Balthasar che secondo il Papa “ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca teologica, come contemplazione amorosa di Dio e servizio alla Chiesa”6. E le parole del Papa sul servizio della teologia che ha “come scopo di scoprirne e di esprimere, fin dove è possibile, tutti gli aspetti, l’armonia, l’unità, la bellezza (della verità rivelata)” possono certamente essere applicate all’opera del teologo di Basilea che ha voluto svelare all’uomo di oggi la sinfonicità della verità cristiana. Come scriveva mirabilemente lui stesso: “Che la verità cristiana è sinfonica è forse la cosa che oggi con più urgenza va annunciata e caldeggiata. Sinfonia non è affatto sinonimo di armonia sdolcinata, priva di forza. La grande musica è sempre drammatica, crea continuamente delle tensioni e le risolve a un livello più alto. La dissonanza però non è cacofonia”7. Il giusto pluralismo è sempre l’espressione dalla “profondità della ricchezza di Dio” in Gesù Cristo, che sta nel cuore della Chiesa stessa. La pluralità promane da questa unità. Un’unità che von Balthasar ha cercato di evidenziare mostrando nelle sue opere il carattere unico di Cristo tra tutte le religioni e come ogni antropologica filosofica non possa che culminare nell’uomo perfetto, il Figlio di Dio, “il quale rende possibile un superamento della nostra nascita mortale nella nuova nascita alla vita immortale trinitaria”8 .
Prof. Dr. André-Marie Jerumanis
1 Istituto Paolo VI, Premio internazionale Paolo VI 1984, in Notiziario n.8 (supplemento), p. 5
2 Ibid., p. 25.
3 Ibid., p. 25.
4 Ibid., p. 10.
5 Ibid., pp. 10-13.
6 Ibid., p. 13.
7 La verità è sinfonica, Milano 1991, p. 12.
8 Istituto Paolo VI, Premio internazionale Paolo VI 1984, …p. 28.